In vari studi sull’approccio cognitivo comportamentale viene suggerita l’importanza strategica dell’approccio del “nel qui ed ora” tipico della disciplina della mindfulness poichè rinforzando il senso di autoeffica-cia e motivando al cambiamento, contribuiscano a costruire delle convinzioni su di sé più funzionali.
Semplificando si potrebbe dire che l’obiettivo dell’intervento terapeutico è il favorire la codificazione di nuove memorie attraverso esperienze correttive. Sono le nuove esperienze di sé, come capace per esempio, che aiutano le persone a sostituire i vecchi schemi interpretativi della realtà e delle relazioni, con altri più adattivi.
MEMORIE E CERVELLO: COME FUNZIONANO NELLA CREAZIONE DELLE “MIE ESPERIENZE”
Alla base dei processi percettivi, di apprendimento e delle memorie c’è quel processo chiamato sinapsogenesi, cioè la creazione di nuove sinapsi, di nuovi circuiti e delle conseguenti continue modificazioni nei sistemi funzionali neuronali. C’è un periodo di particolare criticità legato ai primi anni di vita a cui corrisponde una estesa plasticità neurale in risposta agli stimoli ambientali. Ma poi per tutta la vita resta un margine impressionante di possibilità inarrestabili di modificazioni e di cambiamento nelle connessioni sinaptiche in un processo interattivo tra “cervello”, mondo intrapsichico e mondo esterno.
Nel cervello, a livello neocorticale, si formano le rappresentazioni somatosensoriali delle esperienze percettive a partire dalle informazioni che vi giungono per il tramite dei sistemi sensoriali. Queste esperienze, all’origine frammentate nelle differenti rappresentazioni corticali, vengono trasmesse nella regione paraippocampale (area della corteccia olfattiva), integrate e successivamente inviate all’ippocampo. Quest’ultimo costituisce una delle principali strutture del sistema limbico, che riveste un ruolo fondamentale nel sistema mnestico, soprattutto per quanto concerne le cosiddette memorie esplicite: la memoria semantica e quella episodica.
Ne consegue che i diversi aspetti sensoriali di un’esperienza, quelli visivi, uditivi, olfattivi, si integrano nella rappresentazione mnemonica dell’evento e, per il tramite delle connessioni con le aree corticali e sottocorticali, diventano “altro” da una videoregistrazione, diventano “le mie esperienze”, rappresentazioni concettuali ed emotive colorate dagli aspetti del Sé.
Le connessioni con l’amigdala mediano questa colorazione emotiva delle esperienze e favoriscono l’integrazione degli aspetti cognitivi ed emozionali nel processo di consolidamento delle memorie esplicite. Quando gli aspetti emotivi legati ad una esperienza sono particolarmente forti i ricordi si consolidano più rapidamente, appaiono più facilmente recuperabili, sono più vividi e ricchi di dettagli.
Non è una novità che il ricordo venga ricostruito ogni volta che viene rievocato e questo processo rientra nel complesso gioco dinamico degli aspetti del Sé che rendono personali e ideosincratici i ricordi. C’è un nucleo del Sé, il nocciolo dell’ identità personale, che appare più legato alla memoria implicita e resta immutato nel tempo, che appare più profondo degli aspetti qualitativi che ci definiscono e che possiamo conoscere di noi stessi.
Questi ultimi si modificano attraverso le esperienze e la lettura interpre- tativa della storia, delle memorie, sulla base delle convinzioni e dei significati che cambiano. Eppure permane un senso di identità che rimane costante nel dipanarsi della storia e nella mutevolezza e appare come appartenere ad una dimensione profonda del Sé.
STUDI DI NEUROBIOLOGIA: COME AGISCE LO STRESS SUL CERVELLO
Gli studi di neurobiologia mostrano come l’attività neurale dell’ ippocampo risulti pesantemente alterata dallo stress che, dietro stimolazione dell’ amigdala e altre regioni cerebrali attivano la sovraproduzione di cortisolo e “tiltano” il sistema di regolazione ippocampale del “circuito dello stress” fino a provocare, seppur indirettamente, la morte cellulare. E’ evidente che le memorie esplicite né risultino gravemente compromesse. Nel caso dei pazienti depressi si è osservato, a fronte di dosi elevate di cortisolo nel sangue, una riduzione del volume dell’area ippocampale.
L’aspetto interessante è che l’area del giro dentato dell’ippocampo è una delle regioni cerebrali in cui è stata dimostrata la capacità di neurogenesi in individui adulti.
In sintesi si potrebbe dire che i circuiti neurali si formano durante lo sv luppo e si modificano sulla base degli input sensoriali che mediano i processi di apprendimento e di memorizzazione che stanno alla base del pensiero, nei suoi aspetti cognitivi, emotivi e motivazionali. Questo processo, particolarmente attivo nei primi anni di vita, prosegue nella “raffinatezza” delle comunicazioni neurali che si rinnovano, come in un dialogo creativo, aprendosi alla novità dell’esperienza e del cambiamento.
E QUINDI COME LA PSICOLOGIA CAMBIA IL CERVELLO?
Uno studio uscito nel 2006 nella rivista Molecular Psychiatry, di Dej Linden, che riassume i numerosi studi che mostrano “come la psicoterapia cambia il cervello” (in questi casi la terapia cognitivo-comportamentale).
La terapia della psiche (della mente o del pensiero, se preferite) è in grado di far cambiare forma ed anche attività al cervello: non solo contrasta ansie e fobie, ma regola anche le risposte agli stress causati dalle malattie. Agisce, infatti, sulle interrelazioni tra gli aspetti biologici (organici) e neuronali (psicologici, se vogliamo) cioè su quelli che in gergo scientifico sono detti circuiti neurobiologici.
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Dott.ssa Martina Sciacca, psicologa del benessere e trainer senior mindfulness.
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